lunedì 11 febbraio 2013


C’è più di un modo di essere su un’isola.

 

Isola: lembo di terra emersa completamente circondato dall’acqua, di dimensioni inferiori a quelle di un continente, dice Wiki. Immagino che per continente si intenda terra emersa completamente circondata dall’acqua ma di dimensioni superiori a quelle di un’isola, però non ho controllato. Comunque, benchè vagamente ambigua nella zona grigia, zona dove collocherei l’Australia, per dire, è una buona definizione. Geograficamente parlando.

Ma noi non stiamo parlando di geografia. Stiamo parlando di ecologia, di ecosistemi, di evoluzionismo, di scambio genico, roba così. Perciò, da questo angolo visuale, una definizione ristretta di isola potrebbe essere: luogo circondato da acque che impediscono alle popolazioni che vi risiedono, a causa di caratteristiche delle popolazioni stesse, di avere scambio genico con altre popolazioni della stessa specie che vivono altrove. In quest’ottica lo stesso pezzo di terra in mezzo al mare è un’isola per una rana e non lo è per una sula. Perciò io direi che l’essenza di un’isola, da un punto di vista di scambio genico fra popolazioni, non risiede tanto nell’acqua che la circonda quanto nelle caratteristiche degli organismi che compongono la popolazione.

E allora, e sempre limitatamente al campo nel quale ci arrabattiamo, l’evoluzionismo, proporrei una versione allargata della definizione: popolazione (o insieme di popolazioni) che, a causa delle proprie caratteristiche o dell’interazione delle stesse con l’ambiente, è impossibilitata ad avere scambio genico con altre popolazioni della stessa specie. In questa definizione ci stanno dentro comodi gli ecosistemi insulari veri e propri, ma c’è spazio anche per un mucchio di altra roba.

L’esempio più vicino al concetto geografico di isola immagino siano i nunatak, montagne prive di ghiaccio che spuntano da immensi campi ghiacciati. In realtà lembi di terra completamente circondati dall’acqua. Solida. Hanno svolto un compito importante durante le glaciazioni, permettendo la sopravvivenza, e la diversificazione per deriva genetica, di piccoli ecosistemi chiusi.

Quasi al contrario si potrebbero vedere le grandi catene montuose, luoghi dove il ghiaccio è rimasto circondati da ambienti più caldi. La flora e la fauna di epoca glaciale si sono ritirate verso nord e verso le alte quote allo scioglimento dei ghiacci, con il risultato che le popolazioni della penisola scandinava e quelle delle Alpi, per fare un esempio, pur derivando dagli stessi antenati, sono impossibilitate ad avere scambio genico fra loro e quindi si stanno differenziando proprio come se fossero su due isole diverse.

Gli scimpanzè, i nostri parenti più stretti, hanno una variabilità genetica fra popolazioni diverse di molte volte superiore a quella umana. Certo, per quanto riguarda l’uomo si tirano in ballo diverse cause a giustificarne la scarsa variabilità: il famoso, ipotetico, collo di bottiglia (che non mi convince moltissimo, ci vedo altre possibilità), la propensione al continuo spostamento e conseguente rimescolamento, e così via. Ma rimane il fatto che gli scimpanzè vivono su isole. Isole che nessuno riconosce come tali, ma in buona sostanza lembi di terra quasi completamente circondati dalle acque. E queste acque sono i fiumi che scorrono nella foresta pluviale. Sono ostacoli da nulla, dal nostro punto di vista, e anche dal punto di vista di quasi tutte le specie che vivono lì, ma gli scimpanzè non mettono piede nell’acqua, a meno di caderci dentro, e perciò, da tutti i punti di vista, ogni popolazione vive su un’isola. Un po’ di scambio genico certamente esiste (un naufragio su un albero, un periodo di siccità, l’occasionale aggiramento dell’ostacolo andando verso monte), ma certo è limitato dall’acqua.

Altro esempio, sempre con attinenza alla geografia, ma soprattutto alle distanze geografiche, è quello delle specie ad anello. Larus fuscus e L. argentatus convivono senza potersi ibridare (sono quindi due specie diverse) nel Nord Europa. Se però percorriamo l’areale circumpolare di L. argentatus  muovendoci verso Ovest incontreremo tutta una serie di sottospecie, ognuna interfeconda con quelle limitrofe, e mano a mano sempre meno simili a L. argentatus e più simili a L. fuscus, fino ad arrivare, nel nord della Russia, alla distinzione tassonomica fra le due specie. E questo è già un modo più insolito di essere un’isola. Voglio dire, le due specie sono sì, funzionalmente, su un isola, ma l’isola è tale solo da un lato, verso Est per L. argentatus e verso Ovest per L. fuscus. Nell’altra direzione nessuna discontinuità separa le due specie, c’è flusso genico fra popolazioni limitrofe, e solo la distanza, evidentemente superiore alle possibilità dello scambio genico, funge da ostacolo.

Ma finora, tutto sommato, è sempre una questione di geografia. Però ci sono anche modi esclusivamente genetici di essere su un’isola. La partenogenesi è il più ovvio. Ogni individuo è sulla sua isola personale, ogni individuo è una popolazione senza scambio genico con il resto della specie, separato non dall’acqua ma dalla strategia riproduttiva. Non abbiamo una gran quantità di quelli che in altra situazione chiameremmo endemismi, vero, ma da un lato ciò si deve al fatto che le “specie” partenogenetiche hanno di solito vita breve (con la notevole eccezione dei Rotiferi bdelloidei), e dall’altro a cause più complesse, almeno a mio modo di vedere, ma che richiederebbero troppo spazio per chiarirle qui.

Altro modo genico di vivere su un’isola è lo svantaggio della via di mezzo. Buona parte delle specie di fringuelli di Darwin sarebbero interfeconde, ma non si ibridano pur vivendo spalla a spalla, o, se si ibridano, in tempi normali la prole ha meno fitness dei genitori. Questo perché la specializzazione del becco consente un foraggiamento ottimale, mentre un becco intermedio è subottimale. Perciò lo scambio genico fra becco grosso adatto a semi grossi e becco fine adatto a semi piccoli (per semplificare), producendo una prole con becco poco adatto ad entrambi i tipi di semi, si esaurisce alla prima generazione. Per dirla in un’altra maniera, è possibile che in una popolazione, per quel che riguarda un determinato carattere, la variabilità dello stesso non sia rappresentata da una curva a campana, bensì da una gobba di cammello, con due valori ottimali e quello intermedio subottimale. In questo caso, pur in assenza di mari tropicali tutt’attorno, i portatori dei due alleli ottimali si separeranno in due popolazioni diverse, trascinandosi dietro, per deriva genetica, frequenze diverse anche su tutti gli altri alleli.

Ancora più drastico, e di gran lunga più efficace anche del mare aperto (voglio dire, non lo bypassi neanche con una zattera di mangrovie), è l’isola che ha inventato una popolazione di Drosophila sp.(ohi! Non ricordo se era melanogaster, ma con ogni probabilità lo era). Il meccanismo è semplicissimo, la speciazione simpatrica immediata: due alleli dello stesso gene sono letali in eterozigosi. Abbiamo quindi due popolazioni in omozigosi per due alleli diversi, senza possibilità di scambio genico, ognuna delle quali si porta dietro una frequenza casuale di alleli di tutti gli altri geni. Più separate che se fossero una a S. Elena e l’altra sull’isola di Pasqua.

Poi esiste anche un modo culturale di essere su un’isola. Non mi sto riferendo a quei piccoli gruppi religiosi che praticano l’endogamia, perché non si differenziano molto dal resto della popolazione, se non per qualche allele subletale fissato (l’endogamia, per quel che riguarda gli esseri umani, diciamo che non sempre brilla per la drasticità della sua applicazione, come dire).  No, penso ai Pigmei e, in misura minore, ai Koi-San.  I Pigmei sono parecchio diversi dai loro vicini Bantù, e se i Bantù possiedono qualche carattere dei Pigmei, i Pigmei non possiedono caratteri Bantù (caratteri specifici dei Bantù, intendo. Sono sempre appartenenti entrambi alla specie umana). Questo per un motivo culturale. I Bantù si sono sempre considerati superiori ai Pigmei, e quindi nessuna donna Bantù sarebbe mai andata in moglie ad un Pigmeo, mentre un uomo Bantù non aveva difficoltà a cacciarsi nell’harem anche una piccoletta. Da qui un flusso genico unidirezionale, una membrana semipermeabile che lascia passare alleli Pigmei ma blocca gli alleli Bantù. I Pigmei sono su un’isola, un’isola che nessun altro vede. (Mi verrebbe da pensare che, fra gli afroamericani, la norma sia cromosoma y caucasico e cromosoma x africano, ma è auspicabile che questa posizione culturale sia stata superata già da un po’).

In conclusione, i geni hanno un mucchio di modi di essere su un’isola, e alcune di queste isole sono davvero strane.
 
 
 
 
 
Questo blog partecipa al Carnevale della Biodiversità, edizione Darwin day 2013. Il tema è "L'isola che c'è". Vai qui per una rassegna degli altri post.
 
 

2 commenti:

  1. Anche se scrivi molto poco, è sempre un piacere leggerti. Ciao,
    Dedalo

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    1. In questo caso specifico, l'espressione "sei troppo gentile" non è esattamente una frase fatta. Grazie, comunque.

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