Bene, abbiamo quindi un problema, come visto sopra (o meglio
sotto): è ragionevole presumere che una popolazione rimanga per lunghi periodi
all'incirca uguale a se stessa, bella placida sul fondo della sua ciotola, e
però non si spiega come, di punto in bianco, le venga il ticchio di speciare.
In altri termini, abbiamo record fossili che testimoniano la cocciuta
persistenza di un determinato fenotipo seguita quasi fulmineamente e
imprevedibilmente da una variante o da un grappolo di varianti drasticamente diverse.
E allora proviamo a vedere la cosa dal punto di vista degli alleli.
Se si osserva una popolazione nel tempo (e limitatamente a
questo ambito), quello che un allele fa è riprodursi oppure no o, più
drasticamente e in ultima analisi, fissarsi o scomparire. Mi piacerebbe, per
quanto possibile, evitare l'antropomorfizzazione degli alleli, in modo da
saltare a piè pari alcune apparenti complicazioni. Voglio dire che se non
usiamo termini come "strategia", "vantaggio", "egoismo"
e così via, sgomberiamo il campo di molti possibili fraintendimenti. Un allele aumenta o diminuisce la sua frequenza
nella popolazione in un ambito di tempo, ed è tutto qui. Se la sua frequenza
aumenta (il che è l'unico criterio possibile per parlare di una _sua_ maggiore
o minore funzionalità), è segno che si è riprodotto più degli altri, è una
tautologia. Nel numero di generazioni considerate, certo. Un allele, in fondo,
può essere dannoso alla popolazione in cui si diffonde, e diffondersi
ugualmente, al punto di causare l'estinzione di chi lo porta. Ma questo non è
affar suo. Lui si replica o non si replica e basta.
Provo a dirlo meglio. Dapprima nella cascata di eventi
dell'ontogenesi, e poi nel mero sopravvivere e riprodursi dell'individuo, ogni
allele è imprigionato in un esperimento, per così dire. Svolge il suo ruolo, o
viene impedito nel farlo, in funzione di come l'organismo nel quale è rinchiuso
reagisce a circostanze esterne imprevedibili. Certo, la funzione che l'allele
svolge o non svolge può avere rilevanza sul modo in cui l'organismo funziona, e
certamente gli altri alleli degli altri geni possono influenzare la
funzionalità del singolo allele, ed esserne influenzati. Ma non è il singolo
allele che viene sottoposto a selezione, bensì il risultato della sua collaborazione
con tutti gli altri, e cioè l'organismo. E l'organismo fa parte di una
popolazione, la quale non necessariamente riceve un vantaggio dalla
riproduzione di quel singolo organismo e di tutti gli alleli che contiene. Ma
questo è irrilevante per quel che riguarda il punto di vista che propongo, e
cioè che, indipendentemente dai motivi e dai vantaggi, per ogni gene
all'interno di una popolazione ci sarà un allele più frequente, e che
quell'allele sarà più frequente perchè aiuta o non ostacola la riproduzione di
chi lo porta, e quindi di se stesso.
Se la vediamo così avremo, per ogni gene all'interno di una
popolazione in un tempo puntuale, un allele più frequente. Cioè in un momento
dato, ognuno dei (boh) ventimila geni di quella popolazione si presenterà più
frequentemente sotto la specie di un allele piuttosto che degli alleli
alternativi. Quasi una firma allelica che identifica una popolazione, per così
dire.
Ma l'ambiente primario nel quale gli alleli svolgono la
propria funzione, l'ambiente dal quale vengono maggiormente influenzati nella
cascata di eventi che porta alla riproduzione (o alla mancata riproduzione)
dell'individuo che li contiene, sono gli alleli stessi. Ogni gene, o quasi,
influenza altri geni, che ne influenzano altri ancora, e le varianti alleliche
dei geni non sono certo irrilevanti per l'ottimizzazione del processo. La quasi
totalità della variabilità fenotipica ereditabile di una popolazione, e quindi
il suo potenziale evolutivo, dipende dalla sua variabilità allelica. Un allele,
per aumentare la propria frequenza nella popolazione, deve trovarne altri, su
altri geni, i quali, interagendo con lui nel modo migliore, portino al
risultato di un individuo che si riproduce più degli altri individui della
popolazione. Se questo è vero, allora ne discende che gli alleli più frequenti,
quelli della firma allelica, sono anche gli alleli che più frequentemente si
ritrovano assieme nello stesso individuo. La firma allelica sarebbe, cioè, la
combinazione ottimale teorica, avvicinandosi alla quale un individuo aumenta la
propria fitness. Ma naturalmente il fatto che si riproducano più frequentemente
gli individui che tendono geneticamente ad avvicinarsi alla stessa
distribuzione allelica, rende i fenotipi della popolazione piuttosto
standardizzati e centrati sulla media.
Bene, abbiamo dunque degli individui che vengono tenuti sul
fondo della ciotola dalla forza di attrazione della firma allelica, scostandosi
dalla quale la fitness diminuisce, e avvicinandosi alla quale il fenotipo si
mantiene invariato.
Ho posto un paio di volte la limitazione "in un momento
dato", riferendomi alla firma allelica. Questo perchè ovviamente le
frequenze alleliche in una popolazione tendono a fluttuare nel tempo. Alcuni
alleli possono essere mantenuti in eterozigosi, con percentuali fisse, da
particolari pressioni selettive, ma in linea di massima la firma allelica si
modifica nel tempo. Ma allora, ci si potrebbe chiedere a questo punto, tutte
quelle chiacchiere sull'impossibilità di uscire dalla ciotola, sul parlamento di
alleli che cassa ogni modifica seria, sulla difficoltà quasi insormontabile di
un adattamento graduale, erano tutte fesserie? Come si può far andare d'accordo
l'interdipendenza obbligata fra alleli, che si risolve nella firma allelica,
con il fatto che la firma cambia nel tempo?
Il fatto è che viene selezionato non l'allele, ma
l'organismo. E che ci sono più modi di scuoiare un gatto.
Quello su cui i vari alleli devono concordare è un fenotipo
di compromesso, nel quale ogni miglioramento di un carattere implica il
peggioramento del complesso dei caratteri. Ma questo non significa che ci sia
un solo insieme di alleli in grado di ottenere il risultato. Ci possono essere
diversi insiemi di alleli che danno suppergiù lo stesso risultato fenotipico, e
da questo consegue che la firma può variare nel tempo senza implicare una
variazione del risultato, e può variare usando gli alleli presenti nel pool
della popolazione in quel determinato momento. Sembrerebbe un'affermazione
basata in aria, ma spiega, a livello di ipotesi, la costanza per lunghi periodi
del fenotipo nei record fossili. Per trovare argomenti a sostegno dell’ipotesi
possiamo guardarci intorno e cercare qualche esperimento naturale sul lungo
termine, e i Rotiferi bdelloidei sembrano inventati apposta.
Le "specie" di rotiferi bdelloidei sono valide
tassonomicamente a livello fenotipico, ogni individuo è decisamente e
inequivocabilmente ascrivibile ad una “specie” ben determinata. Perché virgoletto
il termine “specie”? Perché i Rotiferi bdelloidei sono tutti partenogenetici,
non è mai stato riscontrato un maschio in nessuna specie, e quindi si potrebbe
dire che ogni singolo individuo è una specie, o almeno una popolazione, a sé
stante. Stiamo quindi parlando di miliardi di individui che si sono riprodotti
per un numero di generazioni nell’ordine
dei nove zeri, senza scambio genico fra loro. Un esperimento veramente
grandioso! Consideriamo poi che i nostri si distribuiscono nel mondo entrando
in anidrobiosi e facendosi trasportare dal vento, con il risultato che possono
trovarsi a caso in tutte le situazioni ambientali possibili sul pianeta, e che
quindi, in teoria, qualunque mutazione che rendesse un individuo adatto ad un
qualsiasi ambiente avrebbe buone probabilità di trovare quell’ambiente. Alla
luce quindi di un gradualismo nella speciazione, cosa dovremmo attenderci? Io
direi che sarebbe inevitabile trovarci alla presenza di un putiferio di “specie”,
quasi ogni individuo che imbrocca la sua strada solitaria. Secondo la mia
ipotesi, invece, dovremmo avere poche specie con una discreta costanza
fenotipica e una notevole variabilità allelica. Poche forme inchiodate sul
fondo delle ciotole, e parecchi modi diversi di produrre quelle forme. Ed è
quello che abbiamo. Miliardi di individui in quaranta milioni di anni con un
tasso riproduttivo (in condizioni adatte) di una generazione a settimana, hanno
prodotto meno di duecento “specie”, specie valide fenotipicamente, ma con una
variabilità genetica fra gli individui molto superiore a quella di una specie a
riproduzione sessuata. Come è possibile?
Beh, il punto non è che duecento specie siano poche, il
punto è che sono troppe. Se l’attrazione sul fondo delle ciotole è così
potente, se il gradualismo è così inefficiente, dovremmo avere ancora una
singola specie. Duecento eccezioni alla regola sembrano una cifra un po’
eccessiva.
Quindi siamo daccapo. E la speciazione?
La pressione selettiva tende a raggruppare la popolazione
attorno alla firma allelica, una diminuzione di pressione al contrario
aumenterà la variabilità allelica, o, per meglio dire, la frequenza relativa
degli alleli meno adatti. Ora, abbiamo visto che una volta raggiunto un
fenotipo stabile, una firma allelica di ragionevole compromesso, variarla in
una specifica direzione sia davvero difficile. Ma deve essere pur stata
raggiunta una prima volta, e come, se a piccoli passi è così improbabile?
Poniamo che una popolazione si trovi ad avere scarsa
pressione selettiva, per motivi contingenti (non so, un'estinzione dei
competitori, una nuova via fluviale per una massa d'acqua vergine...), e che
quindi le frequenze alleliche meno adatte siano scremate con minore efficienza.
Abbiamo un brodo allelico primordiale, che fa gorgo attorno alla firma, come ad
un attrattore. Ma è così impossibile pensare che fra gli alleli meno adatti
possa esistere una nuova, diversa, firma allelica, una nuova combinazione
funzionale, che porta ad un nuovo, diverso fenotipo, egualmente in equilibrio?
Un secondo gorgo, un secondo attrattore? Una nuova strada per arrivare al
risultato di riprodursi? Dopo tutto, se alleli diversi possono produrre lo
stesso fenotipo, perchè non potrebbero produrne uno diverso?
Provo a chiarirmi con un esempio. Poniamo di dover visitare,
per motivi di lavoro, cinquanta città degli Stati Uniti. Per trovare un
percorso ottimale dovremo prendere in considerazione sia il tempo di volo sia
gli orari delle coincidenze nei vari aereoporti. Trovato, a forza di tentativi
ed errori, il tragitto più breve, scopriamo che ci fa partire da New York e
finisce a Los Angeles. A volte, per ritardi aerei, per appuntamenti mancati,
per contrattempi qualsiasi, varieremo di poco il percorso, ma il risultato
finale sarà sempre l'arrivo a Los Angeles, con ritardi accettabili. Difficile
cambiare un periplo di cinquanta città improvvisando a partire da un aereo
perso a Miami. Però il tempo passa, e gli orari delle partenze cambiano. E si
da il caso che siamo in un periodo di stanca, in cui ci possiamo permettere
qualche esperimento. E, guarda un po', viene fuori che New York/Los Angeles è
ancora buono, ma se parto da Boston e finisco a S.Francisco ci metto lo stesso
tempo. I due percorsi sono alternativi, validi entrambi, percorribili entrambi.
Ma S. Francisco non è Los Angeles. E soprattutto qualunque miscuglio fra i due
percorsi è perdente in termini di tempo di percorrenza.
Cosa voglio dire? Voglio dire che, all'interno del pool
allelico della popolazione, potrebbe comparire, per caso, un insieme di alleli
altamente funzionale e diverso da quello della firma. E che, se questo
comparisse, porterebbe velocemente a speciazione simpatrica, in quanto gli
individui più vicini a una o l'altra firma avrebbero maggiore fitness di quelli
intermedi, e quindi avrebbero maggiore fitness degli "ibridi". La
popolazione si divide in due raggruppamenti allelici, dove chi è più vicino all’una
o all’altra firma si riproduce maggiormente. La ciotola è diventata _due_
ciotole, così, d'improvviso, senza macromutazioni, solo usando quel che c'era.
Gli agenti di commercio che seguono la tratta New York/Los Angeles, come quelli
che fanno Boston/S. Francisco, mantengono il posto, gli altri vengono
licenziati per inadempienza, e così si eliminano tutti i percorsi misti. Ma,
ripeto, Los Angeles è diversa da S. Francisco.
Non sto sostenendo che da una salamandra salta fuori una
lucertola di punto in bianco! Quello che dico è che prima avevamo una firma
allelica teorica ottimale, che non era verosimile trovare espressa in
alcun individuo della popolazione, ma che favoriva riproduttivamente gli
individui che più ci si avvicinavano. Però, essendo così improbabile centrarla
perfettamente (una combinazione su ventimila alla quinta…), rimaneva comunque
una variabilità allelica, sotto forma di individui subottimali che però erano
migliori di altri. Si potrebbe dire che la firma allelica disegna l’ipotetico
individuo ottimale dal punto di vista riproduttivo, fermo restando che quell’individuo
non esiste né è mai esistito. Né potrebbe esistere. Voglio dire, puoi avere la
combinazione perfetta e beccarti un baobab in testa.
(Non vorrei essere
frainteso. La firma allelica è qualcosa a posteriori. Se esiste, per
ogni gene, un allele più comune nella popolazione, è segno che in qualche modo
quell’allele è riuscito a fare più copie di se stesso. E l’insieme degli alleli
che sono riusciti a fare più copie di se stessi costituisce, di fatto, l’insieme
ottimale. Il caso, il baobab, intervengono prima, e noi vediamo il risultato
dopo. Non ci importa nulla del motivo per cui quell’allele è lì, visto che non
esiste un motivo. Ci limitiamo ad una conta a posteriori. E’ in quest’ottica
che io trovo incomprensibile la frase di Eldredge “I dinosauri si sono estinti
nonostante avessero i geni migliori.” I geni, beh, gli alleli migliori sono
quelli che fanno più copie di se stessi. Se non si replicano, indipendentemente
dal motivo, allora non sono i migliori, per definizione. Altrimenti mi si deve
proporre una definizione di migliore diversa da questa. In buona sostanza, la
firma allelica non è un ipotesi di individuo ottimale, è un’osservazione statistica
a posteriori.)
Bene, prima avevamo una firma allelica, ora ne abbiamo due.
E quella neonata, ancora sperimentale, è passibile di modifiche e migliorie,
anche su tempi brevi a scala geologica. Un riassemblamento del materiale
allelico disponibile. Se imbrocchiamo un nuovo allineamento possibile, una
nuova sequenza allelica funzionale, diversa da quella precedente, si innescherà
inevitabilmente un effetto di retroazione a rinforzo, perché i miscugli fra le
due saranno lontani da entrambe le firme, da entrambi i centri di attrazione, e
quindi saranno, ancora una volta per definizione, peggiori nel fare copie di se
stessi. L’incappare casualmente in un insieme allelico alternativo a quello
ottimale ma altrettanto funzionale, e il conseguente effetto di rinforzo,
costituiscono, assieme, la mia ipotesi di speciazione simpatrica rapida, senza
bisogno di nessun deus ex machina.
Non è bello? Una popolazione vista come un cielo di alleli
che fluttuano come asteroidi, in tre dimensioni, attorno ad un centro di
gravità che è ora più forte e ora più debole. E in un attimo in cui il centro è
più debole, in cui le orbite sono più lasche, improvvisamente e per caso alcuni
asteroidi massicci si incontrano in un punto della periferia, deviano alcune
rotte, e si forma un centro di gravità alternativo. Il movimento si complica,
le orbite diventano incerte, e poi tutto si stabilizza in un nuovo sistema con
due attrattori, ognuno con i propri asteroidi, e nessuno dei due è migliore,
più evoluto. Solo diverso. Due ciotole.
Bentornato!
RispondiEliminaBeh, grazie.
RispondiEliminaAlcune tonnellate di megabite per fare la scoeprta dell'acqua calda. Mai letto nessun testo professionale di genetica delle popolazioni?
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