martedì 29 marzo 2011

Le specie egoiste

Questo blog inizia in maniera insolita, con un pezzo scritto a quattro mani con Tupaia e già pubblicato tempo fa sul blog L'orologiaio miope, in occasione del carnevale della biodiversità (http://www.lorologiaiomiope.com/le-specie-egoiste/). Una scelta che però ha un motivo. L'idea di base di questo post mi servirà, più avanti, come punto di partenza per un paio di sviluppi, inerenti all'origine del sesso e ai meccanismi di speciazione simpatrici, e non vedevo motivo di riscriverlo. Quindi eccolo qui.


La competizione per il cibo e lo spazio viene vista, solitamente, come una lotta fra specie diverse. Cosi’ Darwin descrive la competizione tra specie, rappresentate dai cunei:
"La Natura puo’ essere comparata a una superficie cedevole fatta di diecimila cunei acuminati gli uni vicini agli altri e spinti all’interno da colpi incessanti, a volte un cuneo viene colpito, quindi un altro con ancora piu’ forza" [L'origine delle specie, Capitolo III, 1859].In realtà, i cunei sono alcuni milioni, e ogni volta che ne batti uno più forte, un altro salta fuori. E’ una bella similitudine e rappresenta abbastanza bene la lotta tra le specie per "la minima quantita’ di cibo richiesta da ogni essere vivente". Una specie viene portata all’estinzione da un’altra, e questo e’ quel che vediamo, ed e’ anche una buona rappresentazione.

A nostro avviso pero’ le cose funzionano cosi’ solo al nostro livello primario di percezione. Noi siamo abituati a pensare in termini di eserciti che conquistano, o che vengono sconfitti, e cosi’ vediamo le varie specie in conflitto nello stesso modo. Specie in lotta fra loro. E’ una rappresentazione utile secondo alcuni angoli visuali, ci fa comprendere più facilmente alcuni meccanismi, esattamente come i concetti dell’economia umana ci fanno comprendere meglio l’ecologia. Tuttavia l’economia umana implica una scelta volontaria, cosciente, che non esiste nei sistemi ecologici. E’ un’analogia, una buona analogia, a patto di ricordarsi che non è più di questo. E così è per la competizione fra specie diverse. Una buona analogia, che aiuta a comprendere, ma non più di questo.

C’era una vecchia barzelletta, due escursionisti che, dall’altra parte della valle, vedono un orso che corre verso di loro. Uno dei due comincia a scappare, l’altro si ferma, tira fuori le scarpe da ginnastica dallo zaino e se le mette. Il primo si volta e, sorpreso, dice: "Ma credi di correre piu’ veloce dell’orso, con quelle?" "No", risponde l’altro, "e neppure mi serve. Mi basta di correre piu’ veloce di te". Il punto cruciale di questa storiella e’: chi e’ che lotta? A che livello avviene la competizione? La parola "competizione" e’ in realta’ fuorviante. Implica, come l’economia, un atto volontario. Sarebbe piu’ corretto parlare di "prevalenza". Se usiamo questo termine ci rendiamo conto che i leoni non "prevalgono" sulle iene, e neanche sulle gazzelle. Quello che realmente succede è che, all’interno di una popolazione, alcuni individui si riproducono più di altri, e che quindi alcuni alleli aumentino la loro frequenza nella generazione successiva. Cio’ che prevale alla fine dei conti sono delle buone combinazioni genetiche di un individuo "vincenti" su analoghe combinazioni di alleli di un altro individuo. Se scendiamo a livello di alleli e di combinazioni di alleli non possiamo fare altro che compararle all’interno della stessa specie, poiche’ specie diverse avranno geni differenti, i cui alleli non possono competere fra loro per aumentare la frequenza nella popolazione. E’ sicuramente un’ottica riduzionista, tanto quanto la teoria dei geni egoisti di Richard Dawkins, perche’ presuppone che tutto, ma proprio tutto, alla fine si riduca alla chimica del DNA. Ma e’ un punto di vista che funziona, che chiarisce degli aspetti, per quanto ci dia fastidio.

Puo’ sicuramente accadere che buone combinazioni alleliche, che sono state trasmesse per molto tempo alle generazioni successive, ad un certo punto non siano piu’ adatte e l’individuo muoia e con esso la specie. Dal punto di vista dei geni questo e’ irrilevante, sono programmati per copiarsi, per prevalere su analoghe combinazioni cromosomiche, e’ tutto quello che sanno fare, e non c’e’ modo di riprogrammarli se cambiano le condizioni al contorno. Cerchiamo di chiarirci: la sopravvivenza e’ certamente un fattore utile al sucesso riproduttivo, per via che da morti ci si riproduce pochino davvero. Quindi puo’ sembrare che ci sia competizione fra, diciamo, leoni e jene per lo stesso spazio e le stesse risorse. Ma in realta’ sono i leoni che competono fra loro, e il piu’ lento muore di fame. E sono le jene che competono fra loro, e la piu’ lenta viene sottomessa e non si riproduce. Le gazzelle lente vengono mangiate da entrambi, ma quelle con le scarpe da ginnastica trasmetteranno i loro geni alla progenie.

Ci sono limiti e costi, bauplan, ontogenesi e limiti abiotici. Non sapremmo dire se la piu’ veloce delle gazzelle, per come e’ organizzata, possa correre piu’ in fretta del piu’ veloce dei ghepardi. Ma sappiamo che non le serve, visto che il ghepardo mangera’ quella un po’ piu’ lenta. E la piu’ veloce si riprodurra’ e anche il ghepardo, in questo modo selezionando certi geni e quindi in un certo modo "modellando" la specie in base alle circostanze. Ma alla fine i conti li fanno le gazzelle tra di loro e il ghepardo e’ solo una condizione al contorno, un fattore ambientale tanto quanto la temperatura, la resistenza alla sete o la presenza di bufali.

Facciamo un altro esempio: gli insetti. Quando il cibo abbonda un mucchio di specie si danno alla partenogenesi. Salvo qualche ricombinazione qua e la’, la composizione allelica della progenie e’ la stessa. E perche’ no? E’ un set di geni che dimostrabilmente funziona, e l’abbondanza delle risorse annulla la competizione intraspecifica. Pero’ appena le risorse scarseggiano si torna alla riproduzione sessuata, che rimescola le carte degli alleli alla ricerca del figlio che si riproduce più degli altri. Può essere, e di solito è, che sia il più adatto all’ambiente contingente, ma non è necessario. Può essere il meno adatto ma il più attraente, per via di adattamenti pregressi che non funzionano nella attuale contingenza.

Cambiamo punto di visuale e per una volta vediamola alla rovescia. L’adattamento è una conseguenza casuale della prevalenza di un allele, o di un insieme di alleli, su un altro. Gli alleli sono ciechi, e se anche vedessero non vedrebbero il futuro. Si duplicano oppure no. Tutto qui, in funzione di circostanze esterne, che non sono sotto il loro controllo, che non possono vedere, nè tantomeno prevedere. Il che significa, sostanzialmente, che la competizione e’ intraspecifica: se tutti i biglietti della lotteria vincono il premio, perche’ dovrei cambiare il numero? Ma nel momento in cui il fattore che decide la vincita e’ la limitazione dei premi e la fortuna di imbroccare il numero giusto, allora mi conviene avere piu’ numeri possibile. Perche’? Perche’ competo con altra gente, della mia specie, che vuole vincerla, quella lotteria. C’era competizione fra il dodo e i portoghesi? E c’era competizione fra i dinosauri e il meteorite? E dov’è esattamente la differenza fra un portoghese e un meteorite, dal punto di vista di un allele cieco?

Ci sono molti studi condotti in laboratorio su cosa e’ piu’ determinante per il tale coleottero, vongola o albero, se la competizione intraspecifica o interspecifica. Molti di questi studi hanno risultati variabili e fortemente influenzati dalle condizioni sperimentali, e il nostro modesto punto di vista e’ che quegli autori stessero guardando il panorama da un punto di vista falsato. L’apparente competizione interspecifica, se porta all’estinzione, dice solo che la competizione intraspecifica ha portato alla vittoria un insieme di alleli casualmente non adatti ad un ambiente casuale. Noi diremmo, per concludere, che in ogni popolazione le combinazioni alleliche degli individui competono per il cibo e lo spazio, e quindi per la possibilità di riprodursi, in un determinato contesto imprevedibile o imprevedibilmente influenzabile. E questo sarebbe un argomento da sviluppare.

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